Studio Legale Valla

Mercoledì 28 Dicembre 2022
Risarcimento del danno da mobbing: l’animus puniendi va accertato in base ad una valutazione globale delle iniziative adottate nei confronti del lavoratore.
Corte di Cassazione, sez. lav., ord. 35235 del 30.11.2022

Il ricorrente, Dirigente presso un Comune pugliese, propose dinanzi al tribunale di Trani domanda il risarcimento del danno da mobbing conseguente alle condotte vessatorie poste in essere dal sindaco e dell'intero apparato amministrativo sul luogo di lavoro, che avevano avuto gravi ripercussioni sulla salute psico fisica dell’istante, il quale era stato costretto negli anni a sostenere lunghe e stressanti iniziative giudiziarie per vedere riconosciuti i propri diritti.
Inaspettatamente, la Corte d'Appello di Bari, confermando la sentenza del Tribunale di Trani, ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni, escludendo che vi fosse prova dell'intento lesivo e persecutorio.
La Corte di Cassazione, censurando l’operato del Giudice d’Appello, ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata sulla scorta di una serie di articolate argomentazioni, applicando al complesso quadro probatorio emerso durante le precedenti fasi di giudizio, i consolidati principi in materia di danno da mobbing.

 <<la sentenza impugnata ha escluso la fondatezza della domanda sulla base di argomenti non conferenti e contraddittori perché, oltre a ritenere che la legittimità del provvedimento di rimozione dall'originario incarico dirigenziale nella Segreteria Generale e della conseguente riassegnazione ad altro incarico escludesse in radice la configurabilità del mobbing, ha tenuto in non cale le reiterate pronunce di annullamento degli organi di giustizia amministrativa e le argomentazioni che le sorreggevano, seppure puntualmente richiamate dal ricorrente […]

La Corte di merito ha, in particolare, affermato l'irrilevanza dell'animus puniendi di cui fa cenno il giudice amministrativo, in tal guisa pervenendo a conclusioni difformi da quelle attinte nel diverso ambito giurisdizionale, quando, al contrario, proprio l'intento persecutorio, se debitamente apprezzato, può rendere illecita la condotta, se sistematica e reiterata, finanche nei casi di apparente legittimità degli atti adottati;

La motivazione si rivela, poi, carente perché si fonda solo sulla valutazione frammentaria e atomistica dei singoli provvedimenti di assegnazione al nuovo incarico dirigenziale e non sviluppa una valutazione globale delle iniziative adottate nei confronti del ricorrente dall'amministrazione comunale, sebbene i motivi di appello chiamassero la Corte territoriale a pronunciare sulla sussunzione del caso concreto a una fattispecie astratta nella quale rilievo determinanteassume proprio la reiterazione e la sistematicità della condotta;

 

Strettamente funzionale a tale incompleta ricostruzione degli accadimenti è poi l'affermazione con cui la Corte distrettuale sottolinea il carattere quasi-politico e fiduciario degli incarichi dirigenziali in discorso, in tal guisa finendo per avallare l'erroneo riferimento del tribunale, giustamente censurato dal ricorrente nell'atto d'appello, alla materia dello spoils system;

nell'ambito del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, con riguardo agli incarichi dirigenziali, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale affermatasi a partire dalle sentenze n. 103 e n. 104 del 2007 e ormai consolidata, le uniche ipotesi in cui l'applicazione dello spoils system può essere ritenuta coerente con i principi costituzionali di cui all'art. 97 Cost. sono quelle nelle quali si riscontrano i requisiti della "apicalità" dell'incarico nonché della "fiduciarietà" della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che la fiduciarietà, per legittimare l'applicazione del suindicato meccanismo, deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell'organo politico, che di volta in volta viene in considerazione come nominante (Cass. 5 maggio 2017, n. 11015); pertanto, il meccanismo non è applicabile in caso di incarico di tipo tecnico-professionale, come quello di specie, che non comporta il compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell'indirizzo politico, ma soltanto lo svolgimento di funzioni gestionali e di esecuzione rispetto agli indirizzi deliberati dagli organi di governo dell'ente di riferimento;

 

Orbene, discostandosi da tali principi, la Corte di merito svaluta le documentate ingerenze del Sindaco sull'attività amministrativa del ricorrente, certamente non indicative di un'impostazione atta a preservare quella doverosa separatezza tra attività politica e amministrazione attiva;

in definitiva, la rimozione del OMISSIS dall'incarico dirigenziale di maggiore pregnanza nell'Area della Segreteria Generale, in virtù di plurimi provvedimenti illegittimi e quindi annullati dagli organi di giustizia amministrativa, la mancata ottemperanza dell'amministrazione a tali pronunciamenti e, ancora, le interferenze nell'attività di gestione amministrativa deputata al OMISSIS , erano condotte suscettibili di apprezzamento ex art. 2087 cod. civ., disposizione che, nella interpretazione comunemente accolta, si ispira al principio della salvaguardia del diritto alla salute, inteso nel senso più ampio, bene giuridico primario garantito dall'art. 32 della Costituzione, e correlato al principio di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ.;

 

sempre dall'art. 2087 cod. civ. sorge il divieto per il datore di lavoro non solo di compiere direttamente qualsiasi comportamento lesivo della integrità psico-fisica del prestatore di lavoro, ma anche l'obbligo di prevenire, scoraggiare e neutralizzare qualsiasi comportamento lesivo posto in essere dai superiori gerarchici, preposti o di altri dipendenti nell'ambito dello svolgimento dell'attività lavorativa;

la stessa giurisprudenza precisa, poi, che dalla suddetta definizione del mobbing lavorativo si desume che se anche le diverse condotte denunciate dal lavoratore non si ricompongano in un unicum e non risultano, pertanto, complessivamente e cumulativamente idonee a destabilizzare l'equilibrio psico-fisico del lavoratore o a mortificare la sua dignità, ciò non esclude che tali condotte o alcune di esse, ancorché finalisticamente non accumunate, possano risultare, se esaminate separatamente e distintamente, lesive dei fondamentali diritti del lavoratore, costituzionalmente tutelati (arg. da Cass., Sez. VI pen., 8 marzo 2006, n. 31413).

 

in simile evenienza, l'accertamento di tale lesione non può considerarsi impedito dall'eventuale originaria prospettazione della domanda giudiziale in termini di danno da mobbing, in quanto si tratta piuttosto di una operazione di esatta qualificazione giuridica dell'azione che il giudice del merito è tenuto ad effettuare, interpretando il titolo su cui si fonda la controversia ed anche applicando norme di legge diverse da quelle invocate dalle parti interessate, purché lasciando inalterati sia il petitum che la causa petendi e non attribuendo un bene diverso da quello domandato o introducendo nel tema controverso nuovi elementi di fatto (Cass. 1° settembre 2004, n. 17610; Cass. 23 marzo 2005, n. 6326; Cass. 12 aprile 2006, n. 8519);

 

spettava, quindi, alla Corte territoriale accertare se le condotte denunciate fossero lesive dei diritti del lavoratore e verificare se vi fossero stati danni da stress-lavoro correlato, potendo, anche d'ufficio, modificare la originaria impostazione della domanda e valutare se, dagli elementi dedotti - per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto - potesse presuntivamente risalirsi (quanto meno) al fatto ignoto dell'esistenza di questo più tenue danno (Cass. 10 luglio 2018, n. 18164; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3291)>>

 

 


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