Studio Legale Valla

Giovedì 14 Luglio 2022
Diniego di rilascio della Valutazione di Incidenza Ambientale: Illegittima l'applicazione analogica della normativa vincolistica
TAR Lecce, sez. I, sent. n. 1191 del 12.7.2022- G.C. e P.C. (Avv.ti Giacomo Valla e Roberta Valla) contro Regione Puglia e Raggruppamento Carabinieri Biodiversità, Reparto di Martina Franca e Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale- Il Tar Lecce, ribadendo l’illegittimità dell’applicazione analogica di una normativa vincolistica, in quanto tale di stretta interpretazione, ha annullato il provvedimento con cui l’Amministrazione Regionale ha negato la Valutazione di incidenza Ambientale (VINCA) di un intervento di ingegneria naturalistica teso al ripristino della duna preesistente su un’area, prima di un evento alluvionale caratterizzata da un fitto bosco. In particolare, la Regione Puglia aveva illegittimamente “esteso al caso in esame la misura di conservazione dell’habitat 1150* di cui al Reg. Reg. n. 6/2016, che però concerne le “doline di crollo” e non le depressioni del suolo quale quella in esame, determinatesi solo recentemente e non tanto per effetto di un evento naturalistico, quanto soprattutto per il fatto dell’uomo”.

 Con il primo motivo di ricorso, i sig.ri C. deducono l’erroneità dei presupposti e l’omessa istruttoria: ribadito che l’intervento proposto dal C., riconducibile all’Azione 5, concerne il “ripristino dei versanti in erosione della duna” e la piantumazione di 597 piante per rinfoltire l’area della radura e degli spazi vuoti che si sono determinati, viene evidenziato che l’intervento di ingegneria naturalistica proposto riguarda un’area che, prima dell’alluvione del 2011, era caratterizzata da un fitto bosco, in prosecuzione del bosco circostante, attraversato da un tratto del percorso pedonale; quest’area, oggi, è caratterizzata dalla presenza di acqua derivante da un evento eccezionale causato dall’uomo, quale l’apertura delle paratie della diga di San Giuliano avvenuta durante l’alluvione del 2011. Peraltro, attraverso la memoria di replica del 15/06/2022, i ricorrenti hanno chiarito che “l’intervento di ingegneria naturalistica tende proprio a recuperare una modesta porzione di terreno inondato dall’acqua, restituendolo al suo habitat originario, anch’esso prioritario2270* “dune con foreste di pinus pinea o pinus pinaster” (l’habitat è prioritario perché contraddistinto dall’asterisco: precisazione contenuta nell’Allegato 1 della direttiva 92/43/CEE). In definitiva, l’intervento di ingegneria naturalistica, respinto dalla Regione, tende a recuperare un habitat prioritario presente nella zona e, cioè, a recuperare un’area boscata (della trascurabile superficie di circa 1.000 mq) devastata dall’acqua.

Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono che la Regione ha adattato alla fattispecie la disciplina recata dal regolamento regionale n. 6/2016 in relazione all’habitat 1150* e segnatamente con riferimento alle “doline di crollo”. La Regione ha applicato, nel provvedimento impugnato, “le misure di conservazione specifiche di cui al predetto Regolamento ... per l’habitat 1150* che, ancorché non presente all’interno di una dolina di crollo, si è formato in una depressione conseguente al fenomeno alluvionale del 2011”. In definitiva, la disciplina applicata del regolamento regionale n. 6/2016 concerne le aree costiere soggette al fenomeno delle doline di crollo. Tuttavia, sui terreni del Cioccoloni, oggetto della proposta di intervento, non esiste alcuna dolina. La “depressione conseguente al fenomeno alluvionale del 2011” è ben diversa dalla “dolina di crollo”, oggetto della citata normativa regolamentare. 

L’area di intervento, nell’ambito dell’Azione 5, era precedentemente occupata da una fitta pineta e da una strada che, correndo lungo la pineta, consentiva la fruibilità del seminativo annesso (cfr. ortofoto antecedenti al 2011). L’alluvione avvenuta nel 2011 ha causato l’asportazione e la rimozione, non solo di una porzione di pineta preesistente, ma anche di una notevole quantità di terra e sabbia. Questo “vuoto” venutosi a creare a seguito della calamità naturale (alluvione), amplificata per effetto dell’apertura delle paratie della diga di San Giuliano, è stato colmato parzialmente da acque fangose. Pertanto, è errato considerare questo sito una “laguna costiera”, che presenta processi naturali di formazione diversi dal caso in esame.
Giova evidenziare che la zona in questione ha assunto l’apparente conformazione della “laguna costiera” solo recentemente e non tanto per effetto di un evento naturalistico, quanto soprattutto per il fatto dell’uomo (l’apertura delle paratie della diga di S. Giuliano e la mancata realizzazione o manutenzione di opere idrauliche di regimentazione delle acque meteoriche, dopo l’ostruzione delle linee naturali di impluvio). Tali circostanze non sono contestate dalle Amministrazioni resistenti. 

Si deve, dunque, confermare quanto statuito dalla Sezione in sede cautelare, vale a dire che la “recentissima formazione dell’habitat “Lagune costiere” sembra porsi in discontinuità rispetto al più ampio contesto territoriale di riferimento”. La discontinuità rispetto all’habitat preesistente (che i ricorrenti intendono recuperare in una limitata zona dei terreni invasi dall’acqua) è stata ammessa dalla stessa Amministrazione con il provvedimento impugnato, laddove si afferma che l’habitat preesistente agli eventi verificatisi nel 2011 era l’habitat 2270* “Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster”; del resto, in disparte l’ammissione da parte della Regione, questa conclusione è ragionevolmente condivisibile, atteso che l’area occupata dall’acqua è attualmente circondata dall’habitat prioritario 2270*, che i ricorrenti vorrebbero ricostituire, come opportunamente precisato con la memoria di replica del 15/06/2022. 

Appare arduo definire come “laguna costiera” l’ambiente formatosi recentemente a seguito di una precipitazione eccezionale e dell’apertura delle paratie di una diga.
In conclusione, la “laguna costiera” non ha mai caratterizzato il tratto di costa in questione, se non forse in tempi passati, come sembra evincersi dal parere reso in seno alla conferenza di servizi istruttoria dal Raggruppamento Carabinieri Biodiversità (ove si menziona la “rinaturalizzazione dell’ecosistema volta al ripristino di habitat preesistenti nel tempo”, anteriormente agli interventi di bonifica realizzati “a partire dalla seconda metà del secolo scorso”). 

In secondo luogo, l’Amministrazione ha esteso analogicamente al caso in esame la misura di conservazione dell’habitat 1150* di cui al Reg. Reg. n. 6/2016, che concerne le “doline di crollo” e non le depressioni del suolo (quale quella in esame, come peraltro riconosciuto nello stesso provvedimento gravato): “Nelle aree costiere soggette al fenomeno delle doline di crollo, al fine di consentire la naturale evoluzione dell’habitat e del paesaggio costiero, divieto di eseguire interventi di occlusione di doline di nuova formazione”. 

Come precisato dalla parte ricorrente, in geomorfologia la dolina è una conca chiusa, tipica dei pianori costituiti da rocce calcaree, formatasi in seguito alla dissoluzione del carbonato di calcio costituente le rocce; è una morfologia tipica di aree in cui si manifesta il carsismo superficiale. Da un punto di vista idrologico è il punto di chiusura di un bacino idrografico, con un reticolato idrografico centripeto, il cui centro si riempirebbe d’acqua originando un laghetto se le sue pareti ed il suo fondo fossero impermeabili; invece, di solito, l’acqua viene scaricata attraverso vie sotterranee, questo in quanto sul fondo delle doline è quasi sempre presente un inghiottitoio (imbuto naturale) attraverso il quale l’acqua meteorica penetra nelle cavità sotterranee. 

L’allagamento determinatosi a seguito del fenomeno alluvionale e dell’apertura delle paratie della diga non può configurare una “dolina di crollo”.
Pertanto, l’Amministrazione ha applicato illegittimamente una normativa vincolistica – che, in quanto tale, è di stretta interpretazione – facendo ricorso all’analogia. 

Quanto al fatto che la Regione Puglia valorizza la delibera di G.R. n. 2442 del 21/12/2018, che avrebbe individuato sull’area dei ricorrenti l’habitat 1150* “Lagune costiere”, giova precisare che detta delibera, che ha approvato gli “strati informativi (shapefiles)” relativi alla distribuzione di habitat e specie animali e vegetali presenti nel territorio della Regione Puglia, non ha alcuna efficacia immediatamente precettiva. 

Si legge nel preambolo del provvedimento in esame: “Considerato che l’individuazione degli habitat costituisce uno strumento tecnico-scientifico di analisi e di orientamento per la predisposizione delle misure di conservazione e degli eventuali piani di gestione e può svolgere un’importante funzione di supporto agli Enti preposti alla valutazione di incidenza, pur tenendo conto che essa deve essere valutata congiuntamente ad altre eventuali fonti informative relative alla presenza/assenza di habitat e specie animali e vegetali di interesse comunitario ...”. 

Quindi, la delibera in esame non ha valore normativo, né efficacia di vincolo (né tanto meno incide direttamente nella sfera giuridica dei proprietari dei terreni, che non hanno alcun onere di impugnativa). Essa è una semplice direttiva per la futura predisposizione di misure di conservazione (“orientamento per la predisposizione delle misure di conservazione”). 

Pertanto, il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto, previo assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso, con conseguente annullamento del provvedimento con esso gravato.

 


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