A seguito di richiesta di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, l'Amministrazione avva adottato un provvedimento di diniego sulla scorta di un singolo episodio che aveva visto il ricorrente coinvolto in una “discussione” con altro conoscente.
Tuttavia, né nel provvedimento, né in sede di processo è stata comprovata la concreta esistenza delle minacce, additate dall’Autorità prefettizia come idonee a minare la “buona condotta” e a precludere la “assoluta affidabilità” nell’uso delle armi da parte dell’istante al rinnovo del titolo di polizia del porto di fucile per uso caccia.
Accogliendo le censure di grave ingiustizia, violazione e la falsa applicazione di legge (artt. 11, 42 e 43 TULPS), nonché l’eccesso di potere per sviamento, erroneità ed omessa considerazione dei presupposti, difetto di motivazione, il Giudice Amministrativo ha specificato che in siffatti rpocedimenti "non può darsi spazio a meri sospetti, supposizioni, o a posizioni prudenziali immotivate, soprattutto in sede di rinnovo di un permesso, invero detenuto il titolo di polizia da decenni, senza alcuna menda, quando non vi siano concreti elementi che depongano in senso contrario".
Tali carenze, ha precisato il TAR Bai, assumono poi una particolare valenza nella vicenda, considerato che "il potere giustiziale spettante all'autorità decidente in sede di ricorso gerarchico, pur essendo oggettivamente amministrativo, ha comunque elementi specifici, non meramente gestionali, in quanto diretti a realizzare una tutela imparziale compatibilmente con i requisiti della funzione amministrativa (Cons. St., ad. gen., 10 giugno 1999 n. 8; più recentemente: T.A.R. Toscana, sez. III, 26 aprile 2017 n. 614). Tale rimedio d’altronde è destinato a sfociare in una decisione che deve intendersi “non come rinnovazione del provvedimento originario, ma come accertamento della sua validità, sia sul piano della legittimità che del merito” (Cons. St., sez. II, 19 febbraio 2003 n. 736).
In ultima analisi, è stata acclarata la carenza di qualsivoglia presupposto di fatto e normativo, tal da giustificare il mancato rinnovo del porto d’armi per uso caccia.