Gli appellanti, coniugi titolari di una macelleria in un edificio di proprietà sito nel Comune di Andria, hanno impugnato la sentenza del TAR per la Puglia, sede di Bari, Sez. III, n. 11 del 9.1.2014, che ha respinto la loro domanda di risarcimento per la lesione del legittimo affidamento riposto sulla legittimità della concessione edilizia di demolizione e ricostruzione rilasciata dal Comune di Andria il 17.4.1989, in ragione dei numerosi provvedimenti amministrativi,tutti annullati dal TAR con i quali il Comune di Andria avrebbe loro impedito di realizzare il nuovo immobile dopo che avevano proceduto alla demolizione del vecchio edificio.
La predetta domanda di risarcimento era stata presentata a seguito dei numerosi provvedimenti amministrativi, tutti illegittimi e annullati dal TAR, con i quali il Comune di Andria aveva loro impedito di realizzare l'immobile precedentemente assentito, dopo che avevano demolito il vecchio edificio in base al medesimo titolo, fino alla sopravvenuta variazione degli strumenti urbanistici che, espropriando l'area per motivi di viabilità pubblica, ha definitivamente precluso la realizzazione dell'edificio.
Proprio sulla base di tale ultima circostanza il TAR aveva respinto la pretesa risarcitoria, considerando che gli appellanti avevano avuto pieno accesso alla tutela giurisdizionale, anche cautelare, avverso gli atti risultati illegittimi del Comune ma non avevano volontariamente attivato la facoltà di realizzare il nuovo manufatto edilizio, così come previsto dal medesimo titolo edilizio che aveva loro consentito di demolire, spontaneamente, il vecchio edificio rinunciando all'uso della sede della propria attività commerciale ed al conseguente avviamento d'impresa.
La situazione si è quindi protratta, aveva osservato il TAR, fino a quando, ai sensi dell'art. 32 della L.R. Puglia n. 56 del 1980, sono state legittimamente adottate le misure di salvaguardia - non impugnate in termini - connesse all'adozione degli strumenti urbanistici, con la successiva emissione di un decreto di esproprio la cui legittimità non è oggetto del giudizio e con la conseguente corresponsione dell'indennità di esproprio, già incassata dagli appellanti.
Gli appellanti hanno contestato una tale ricostruzione, atteso che la violazione del loro legittimo affidamento sarebbe sorta nel momento in cui il Comune, che dapprima aveva rilasciato la concessione edilizia, avrebbe con ogni mezzo impedito la realizzazione del nuovo manufatto quando ormai il preesistente fabbricato era stato legittimamente demolito dagli appellanti, potendo in tal modo il medesimo Comune approvare un nuovo e diverso progetto di variante al Piano di Fabbricazione, che prevedeva una strada in luogo dell'immobile dei ricorrenti, senza dover espropriare e quindi indennizzare né il nuovo fabbricato, né il vecchio fabbricato che era stato nel frattempo demolito. Quindi, contrariamente a quanto affermato dal giudice di prime cure, il danno non sarebbe stato eziologicamente riconducibile al solo successivo procedimento di esproprio con conseguente perdita della proprietà del suolo in esito al provvedimento ablatorio, dovendo pertanto anche essere anche respinta l'eccezione del Comune circa il giudicato formatosi sul diverso contenzioso concernente tale successiva fase procedimentale.
Le tesi degli appellanti sono per altro confortate dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui la tutela giurisdizionale deve estendersi all'apprezzamento del comportamento tenuto dalla P.A. non come espressione dell'esercizio di un potere, bensì nella sua oggettività atta a determinare il legittimo affidamento del privato e sulla scorta del quale il privato abbia orientato le proprie scelte negoziali o imprenditoriali confidando nella legittimità di atti pubblici fino al loro annullamento, così da cagionargli un danno in violazione delle norme di comune prudenza e diligenza e, in particolare, del principio neminem laedere, indipendentemente dalla illegittimità degli atti amministrativi e dalle azioni eventualmente volte a far valere tale illegittimità (Sezioni Unite nn. 6594 - 6596 del 2011, nn. 1162 del 2015, n. 17586 del 2015, n. 12799 del 2017, n. 1654 del 2018, n. 33364 del 2018.).
Ad avviso del Collegio, laricostruzione degli appellanti "risulta oggettivamente conforme alla realtà storica dei fatti, che hanno visto:
- la reiterata e ravvicinata adozione, da parte del Comune, di più provvedimenti di sospensione dei lavori di edificazione di un nuovo manufatto, pur assentito da una concessione edilizia di demolizione e ricostruzione rilasciata dal medesimo Comune;
- la diligente attivazione da parte degli appellanti, che nel frattempo avevano demolito il vecchio manufatto, degli strumenti cautelari davanti al TAR, che ha poi statuito la illegittimità dei predetti provvedimenti;
- la successiva adozione, da parte del medesimo Comune, di una nuova pianificazione urbanistica che prevede la realizzazione di un raccordo di viabilità pubblica sull'area dove avrebbe dovuto sorgere l'edificio, con la conseguente adozione di misure di salvaguardia di sospensione dei lavori ritenute legittime in sede giurisdizionale;
- la definitiva impossibilità (alla stregua di un criterio logico di ragionevolezza parametrato all'entità dell'opera) di realizzare, nonostante la tutela cautelare accordata, il previsto nuovo edificio nelle finestre temporali, complessivamente assommanti a 37 giorni, che gli appellanti hanno conseguentemente avuto a disposizione.
Concludendo, il Condiglio di Stato ha accolto l'appello, concludendo che "Risulta conclamata la colpevole violazione, affermata dagli appellanti, del loro legittimo affidamento da parte dell'amministrazione comunale, che dapprima ha ingenerato il loro legittimo affidamento circa la possibilità di edificare una nuova costruzione previa demolizione del vecchio manufatto, e poi ha reiteratamente adottato provvedimenti - risultati illegittimi - volti ad impedirne la costruzione al fine di ridurre gli oneri connessi alla nuova variante edilizia. Pertanto, l'illegittimità dei provvedimenti che hanno, come sopra evidenziato, impedito la nuova edificazione costituisce il significativo elemento sintomatico di un uso del potere pubblico non conforme a parametri di ragionevolezza e buona fede, suscettibile di aver causato un danno ingiusto agli appellanti".