L'art. 18, comma 4, l. 240/2010 rubricata “Chiamata dei professori”, dispone - nella formulazione letterale applicabile ratione temporis - che “Ciascuna università statale, nell’ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa”.
Per pacifico orientamento della giurisprudenza amministrativa, la norma citata dev’esser intesa nel senso di consentire (non obbligare) che le Università riservino una parte del loro bilancio per la chiamata di professori di I e di II fascia mercé procedure concorsuali riservate alla partecipazione di soggetti esterni alla università “e ciò allo scopo di acquisire competenze professionali formatesi in un diverso contesto culturale e, perciò, maggiormente idonee a garantire quel fermento e quel ricambio di idee che dovrebbe caratterizzare un ambiente accademico”.
Appare poi opportuno ricordare che la norma trascritta è stata così modificata dalla L. n. 232/2016, che ha inciso, in senso ampliativo, sulla sua portata applicativa.
Il TAR Bari, ha accolto le tesi della Professoressa controinteressata (difesa dagli Avv.ti Valla), evidenziando che "l'art. 18, comma 4, della l. n. 240/2010 tipizza, in via tassonomica, tre categorie di aspiranti alla procedura cui è preclusa la partecipazione: i professori in servizio, i titolari di assegno di ricerca, gli iscritti ai corsi universitari nell’ultimo triennio”.
In particolare, ha stabilito il Collegio, non può attribuirsi un’accezione ampia, al di là del dato letterale, al concetto di prestazione di servizio, in quanto un ampliamento del significato, con conseguente allargamento delle situazioni ostative alla partecipazione alla procedura di reclutamento, finirebbe per limitarne fortemente ed ingiustificatamente la partecipazione stessa in violazione del principio della massima partecipazione.D’altronde, il possibile pericolo di poter consentire la partecipazione di persone ‘note’ nell’ambito dell’Ateneo procedente, in quanto già destinatarie nell’ultimo triennio di contratti di insegnamento con lo stesso, ben può esser scongiurato con ordinari strumenti di difesa della correttezza dell’azione amministrativa, quali le disposizioni in materia di “conflitto di interessi” che la stessa legge n. 240 del 2010, nonché, in via più generale, la legge n. 241 del 1990 e, in particolare, l’art. 6 bis, recano".